
Nel mondo in cui viviamo c’è, purtroppo, un gender gap in tutti gli ambiti, dal lavoro fino allo sport. Ma fortunatamente ci sono donne che, con dedizione, impegno e forti ideali, stanno abbattendo questo muro. Tra di loro c’è anche lei: Ronda Rousey.
Ronda Rousey è considerata la donna che ha cambiato il mondo delle arti marziali miste femminili e, soprattutto, colei che ha abbattuto il gender gap in uno sport prevalentemente maschile.
L’infanzia e la passione per il judo: gli inizi di Ronda Rousey
Ronda Jean Rousey nasce il 1 febbraio 1987 a Riverside, California, da Ron Rousey e Ann Maria DeMars, ex campionessa di judo. Sin dai primi attimi di vita, Ronda è costretta a combattere: appena nata, il suo cuore si ferma per qualche secondo finché, fortunatamente, riprendere a battere.
Con il passare degli anni, la piccola Ronda sviluppa una grave forma di aprassia, un disturbo neurologico che gli impediva di parlare correttamente. Così la famiglia si trasferì in North Dakota, dove la Rousey fu seguita da vari specialisti per risolvere il problema.
Ma è proprio qui che la vita di Ronda cambia radicalmente: il padre si suicida dopo aver scoperto che, a causa di un incidente con lo slitto, sarebbe rimasto paralizzato. Un episodio che traumatizza molto Ronda, visto anche l’ottimo rapporto che aveva con il padre:
“Papà mi sosteneva in qualsiasi cosa, mi diceva sempre che avrei vinto la medaglia d’oro alle olimpiadi. era un continuo stimolo per me, mi dava tanto coraggio”
Sotto i consigli della madre e la sua determinazione, Ronda Rousey si allena giorno e notte per diventare una campionessa di judo. È nel 2004 che arriva il primo grande traguardo della sua carriera: Ronda si qualifica alle Olimpiadi di Atene, dove si ferma al primo turno contro Claudia Heill, futura medaglia d’argento.
Nello stesso anno vince la medaglia d’oro ai campionati mondiali junior: il primo di una lunga serie di successi che la porteranno alle Olimpiadi di Pechino del 2008. Ed è qui che Ronda Rousey inizia la sua ascesa negli sport da combattimento, diventando la prima donna nella storia degli Stati Uniti a vincere una medaglia (bronzo) olimpica nel judo.

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Un successo, però, che risultò effimero, visto che al ritorno in patria Ronda affrontò diversi problemi. Senza lavoro e sull’orlo della povertà, Ronda Rousey si ritirò dal judo.
Ma la sua natura da combattente non voleva essere messa da parte. Proprio nel momento più critico, Ronda trovò un nuovo sport che riaccese la sua passione per la lotta: le MMA.
Da Strikeforce alla UFC: il dominio di Ronda Rousey nelle MMA
Ronda Rousey fece il suo ingresso nel mondo delle MMA nel 2010 quando, in un’incontro dilettantistico, vinse contro Hayden Munoz per sottomissione, utilizzando la leva che diventerà il suo marchio di fabbrica: l’armbar.
Dopo altri due match dilettantistici -vinti, ovviamente, per armbar- Ronda passa al professionismo. Nel suo primo incontro contro Ediene Gomes, la Rousey impiega solo 25 secondi per portarsi a casa la vittoria, senza neanche a dirlo per armbar.
Dopo la vittoria, sempre per sottomissione, Ronda Rousey entra a far parte dello Strikeforce, promotion statunitense che, in quel momento, era la migliore per quanto riguarda le arti marziali miste femminili.
Al suo esordio nella nuova organizzazione, Ronda Rousey vince e convince contro Sarah D’Alelio, terminando l’incontro al primo round. Dopo una serie di vittorie viene sfidata dalla campionessa dei pesi gallo Miesha Tate: è la prima chance titolata della carriera di Ronda.
Chance che non si vuole lasciar scappare e, come da copione, finalizza con l’armbar Miesha Tate, conquistando la cintura dei pesi gallo. Cintura che difenderà poco dopo contro Sarah Kaufman prima di fare il grande salto: firmare per la UFC.


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Nel 2012 Ronda diventa la prima donna a firmare per la UFC, inizialmente contraria a far combattere anche le donne. La popolarità di Ronda, tuttavia, fece cambiare idea al presidente Dana White che, in occasione della conferenza stampa di UFC on Fox: Henderson vs. Diaz, consegnò alla Rousey la cintura di campionessa UFC dei pesi gallo.
Titolo che difese contro l’ex marine Liz Carmounche: “Rowdy” vinse sempre per sottomissione (armbar) al primo round. Difese il titolo altre volte, uscendone sempre vincitrice, anche nel 2013 quando smontò i piani di vendetta di Miesha Tate, passata anche lei in UFC.
La popolarità di Ronda cresceva sempre di più: era, insieme a Conor McGregor, l’atleta più seguita della UFC che, dopo anni, vedeva un crescente numero di spettatrici.
Qualcosa, però, stava per sconvolgere nuovamente la vita di Ronda.
Il declino e la nuova vita: Ronda Rousey 2.0
La crescente notorietà stava portando Ronda ad impegnarsi anche in altre attività, come il cinema, dove appare nei film “I Mercenari 3” (2014): dopo il film difende con successo il titolo per ben due volte, continuando a costruire intorno a sé l’immagine di lottatrice senza pietà.
Immagine che, però, si sgretola 14 novembre 2015 quando perde per TKO contro Holly Holm: è la prima sconfitta in carriera per Ronda Rousey. L’aver perso il titolo allontana Ronda dall’ottagono per quasi più di un anno.
Torna a combattere il 31 dicembre 2016 contro Amanda Nunes, la campionessa che, da lì a poco tempo, avrebbe infranto ogni record della storia delle MMA in UFC. Il match, per Ronda, è un massacro: la Nunes la colpisce senza pietà, facendola crollare a terra e scrivendo la parola fine sulla sua carriera nelle arti marziali miste.


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Dopo la UFC, Ronda Rousey si è dedicata sempre di più al cinema e ha firmato per la WWE, la casa del Wrestling americano, vincendo anche qui il titolo mondiale. Il riconoscimento più grande però arriva dalla UFC, che la inserisce nella Hall of Fame.


Molti dicono che si sia rovinata da sola, con il suo trash talking e la sua incapacità nel gestire la fama, ma nessuno mette in dubbio cosa è stata Ronda Rousey per lo sport femminile: è entrata in un mondo dove c’erano solo uomini, cambiando le regole del gioco e diventandone la miglior atleta di sempre.
Se oggi molte ragazze si avvicinano agli sport da combattimento, o a qualsiasi altro sport dove c’è una maggioranza maschile, è merito anche di Ronda Rousey, la Wonder Woman delle MMA.
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